Si chiama Eco-Smart BreakWater il nuovo e interessante progetto ecosostenibile che mira alla realizzazione di un composto di calcestruzzo cementizio realizzato riciclando la posidonia oceanica spiaggiata e gli scarti lapidei derivanti dalle attività di costruzione e demolizione. Promosso dalla Regione Puglia in collaborazione con l'Università del Salento e una lunga serie di partner locali, questo progetto è in fase di sperimentazione e presto appariranno nel porto di Otranto i primi tre massi campione per le misurazioni accurate.
Per capire meglio di che cosa si tratta, abbiamo incontrato l'architetto Raffaele Giampetruzzi della Società Consortile Athanor e il professore Ingegnere Roberto Tomasicchio, ordinario di Idraulica e di Costruzioni Marittime nella Facoltà di Ingegneria dell'Università del Salento. Quest'ultima è la prima propositrice dell'idea di tradurre un problema in una risorsa: "in Puglia, soprattutto della zona del Salento, abbiamo l'annoso problema della posidonia spiaggiata, equiparata a tutti gli effetti a un rifiuto speciale" ci spiega Giampetruzzi. "Tutte le movimentazioni di questo materiale comportano una serie di autorizzazioni e di costi. Un problema ambientale ed economico quindi, che ha portato all'idea di riutilizzare questo materiale nel mare stesso".
L'idea di impiegare un componente vegetale per realizzare un composto solido come il cemento ci ha incuriosito, e Giampetruzzi ha spiegato che la posidonia "è un componente vegetale nel momento in cui è vivo, ma una volta spiaggiata è una fibra a tutti gli effetti e all'interno del calcestruzzo ne assume proprio questa funzionalità. Prima di essere usata viene tagliata, pulita ed essiccata, e trattata eliminando i sali, che possono danneggiare il calcestruzzo. Il processo di lavorazione necessario è abbastanza semplice. Noi non possiamo recuperare direttamente la posidonia spiaggiata, è un lavoro che deve essere fatto da aziende autorizzate a rimuoverla e allo stoccaggio e smaltimento. Noi la acquistiamo da loro".
Il professore Tomasicchio aggiunge poi che "la percentuale di posidonia nel composto che è allo studio è pari al 2-3%: un valore che non determina un calo delle caratteristiche naturali del cemento". Se la percentuale sembra una sciocchezza, in realtà "bisogna tenere conto che quando si costruisce un porto di medie dimensioni l'impiego di calcestruzzo è di centinaia di migliaia di metri cubi, quindi il 2-3% di posidonia comporterebbe l'esaurimento di tutti i cumuli di posidonia raccolti sulle spiagge pugliesi, e ce ne sarebbe bisogno di altra".
Il composto di calcestruzzo cementizio mescolato con posidonia e scarti lapidei è stato pensato per la realizzazione di mantellate di dighe marittime, ossia massi prefabbricati da impiegare come barriere per prevenire l'erosione costiera (possono avere diverse forme geometriche, studiate a seconda delle esigenze) ma anche per la difesa di porti.
Attualmente sono in corso prove simulate in vasca con modellini in scala dei massi. A metà settembre tre massi pilota del peso di 27,4 tonnellate reali verranno depositati nel porto di Otranto (prima non è possibile per problemi di ordinanze della capitaneria di porto legate alla stagione turistica) in sostituzione di quelli già esistenti. Come ci ha spiegato il professore Tomasicchio, "verranno lasciati in mare per un anno, periodo nel quale verranno monitorati quotidianamente mediante sensori. Uno dei tre massi infatti avrà all'interno dei sensori di temperatura, di resistenza e di durabilità del calcestruzzo; i dati saranno trasmessi di wireless al centro di raccolta, e quindi analizzati. Questo principalmente per valutare il comportamento nel tempo della componente di posidonia all'interno del calcestruzzo fibro-rinforzato, che è importante per definire la formula con le percentuali della composizione. Gli autori dello studio intendono infatti "brevettare sia l'elemento, sia la miscela".
Una volta terminata la sperimentazione, i massi potranno integrare sensori per la misura della salinità, della temperatura e del Ph dell'acqua, quindi con l'obiettivo di monitoraggio dell'ambiente marino.
In questa fase questi sensori non sono necessari in quanto l'obiettivo primario è "individuare una miscela di calcestruzzo cementizio in cui si introduce una percentuale di posidonia, in dosi tali da non compromettere la tensione strutturale del calcestruzzo" ci ha spiegato Tomasicchio. Una volta che l'obiettivo sarà raggiunto si potrà avviare la produzione della miscela, del tutto somigliante al classico cemento, venduta in sacchi in tutto il mondo per la costruzione di strutture marittime come quelle indicate sopra, con la garanzia che l'elemento è compatibile con le tensioni strutturali che subirà nel corso della sua vita in mare".
L'idea è molto interessante, contiamo di seguirne gli sviluppi per tenervi aggiornati.